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APPROFONDIMENTI

Il ruolo della nutrizione e di un programma alimentare su misura nella PCOS

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una frequentissima (fino al 18% delle donne in età fertile ne soffre!) entità sistemica, cioè che interessa l’organismo nel suo complesso e ha perciò ripercussione in diversi ambiti delle donne che ne soffrono.

 


Non sempre, ma di frequente, si associa ad alterazioni del peso, per lo più – ma non esclusivamente- in eccesso, con aumento in particolare del deposito di adipe a livello addominale, elemento che aumenta purtroppo il rischio vascolare.

 

Una implicazione frequente di tale sindrome è anche l’alterazione del ciclo mestruale e di conseguenza della fertilità della donna, motivo per il quale spesso la paziente si rivolge non solo al medico ginecologo ma anche al medico nutrizionista.

 

Vanno poi inoltre ricordate le possibili alterazioni metaboliche ed endocrine che si associano a tale condizione, andando dalla insulino-resistenza all’irsutismo passando per vari gradi.

 

Una alimentazione su misura, disegnata in base alle esigenze della paziente, alla sua storia clinica e famigliare, che tenga conto dei referti degli esami di laboratorio eseguiti (dosaggi ormonali, test da carico di glucosio, profilo glicolipidico in primis)

 

In particolare, su cosa ci si concentrerà nella definizione dei piani alimentari?

 

-       Grande attenzione verrà data alla quantità e tipologia di grassi forniti, riducendo l’apporto a un massimo del 30% sulla conta energetica giornaliera complessiva e si cercherà di limitare quanto più possibile il contributo dei grassi saturi, specialmente se di origine animale.

 

-       Verrà considerato l’indice glicemico dei carboidrati nella dieta, di cui costituiranno comunque sempre il principale core, per prevenire ipoglicemie ad esempio dettate da diete a troppo basso contenuto in carboidrati, spesso impiegate senza indicazione clinica e non salutari.

 

-       Verranno privilegiate le fonti vegetali rispetto a quelle animali per quanto riguarda le proteine, poiché nei legumi troviamo elevate quantità proteiche a scapito di bassissimi livelli di colesterolo alimentare ed elevatissimo contenuto in fibre.

 

-       La dieta non sarà necessariamente né in primo luogo ipocalorica, ma anzitutto bilanciata, ad elevato contenuto in sostanze antiossidanti e antinfiammatorie, plantbased ed equilibrata. Nei casi di eccesso ponderale (sovrappeso e obesità), sarà anche mirata al raggiungimento di un peso ideale, poiché c’è una relazione bidirezionale tra aumento del peso e PCOS, cioè l’obesità può cooperare nello scatenarla o peggiorarla e viceversa la PCOS può determinare o aggravare una condizione di sovrappeso od obesità.

 

-       Ogni piano alimentare andrà consigliato in associazione a una sana e regolare attività sportiva, meglio se di tipo aerobico, per migliorare non solo il profilo cardiometabolico ma anche quello psicologico, fondamentale in ogni percorso nutrizionale e di salute che si rispetti.

 

-       Inoltre, sarà sempre opportuno consigliare l’aderenza a un sano stile di vita a 360°, considerando il fondamentale ruolo del riposo notturno sulla regolazione ormonale, l’astinenza da sostanze di abuso quali alcol e fumo e la gestione ottimale dello stress, in una ottica che è quella propria della LifeStyle Medicine.

 

-       Ogni elemento verrà concordato con la paziente, affinchè il modello venga seguito con una compliance adeguata al fine di garantire i migliori risultati possibili.

 

Tra le fonti: Farshchi H, Rane A, Love A, Kennedy RL. Diet and nutrition in polycystic ovary syndrome (PCOS): pointers for nutritional management. J Obstet Gynaecol. 2007 Nov;27(8):762-73. Szczuko M, Kikut J, Szczuko U, Szydłowska I, Nawrocka-Rutkowska J, Ziętek M, Verbanac D, Saso L. Nutrition Strategy and Life Style in Polycystic Ovary Syndrome-Narrative Review. Nutrients. 2021 Jul 18;13(7):2452.

Alimentazione e vulvodinia: un approccio multidisciplinare

La vulvodinia è una condizione patologica recentemente balzata agli onori di cronaca ma da tempo oggetto di studio in ambito psico-ginecologico.
L’approccio a tale disturbo deve essere necessariamente integrato e deve tener conto della paziente a 360 gradi, prendendo in esame anche l’alimentazione.

 

Non esistono, per quanto alcuni spot ne citino (magari fosse così!) alimenti miracolosi o diete che guariscano le pazienti affette da vulvodinia.

 

Quello che è certo è che con una cura della nutrizione possiamo andare a migliorare sensibilmente la qualità della vita e anche ridurre il rischio e il carico di alcune patologie che spesso si associano a questa patologia tanto complessa, come cistiti e malattie infiammatorie intestinali.

 

Molto dibattuto è il ruolo degli ossalati, molecole contenute in alimenti come noci , spinaci e fragole, che sembrerebbero acuire la sintomatologia delle pazienti colpite, ma ad oggi non c’è nella comunità scientifica alla luce dei più recenti trial accordo sul loro ruolo e attualmente non viene consigliata la loro esclusione nella dieta quotidiana.

 

Quello che emerge è piuttosto il ruolo protettivo delle sostanze antiossidanti contenute in alimenti di origine vegetale, in primis frutta e verdura, indicate anche come modulatrici della risposta immunitaria, essendoci una verosimile componente disimmune anche nell’eziologia della vulvodinia.

Quindi come comportarci dal punto di vista dell’alimentazione in presenza di vulvodinia?

Via libera alla classica dieta mediterranea, plant based, ricca di alimenti integrali, cereali in chicco in primis, ma anche fibra, frutta, verdura e legumi e olio extravergine di oliva, carne con moderazione così come formaggi e uova.

La dieta modellata sul paziente

Chiaramente ciascuna dieta va modellata su ogni paziente, rispettando le esigenze biologiche, lo stile di vita, promuovendo le sane abitudini e andando a limare quei comportamenti quotidiani che possono ridurre i benefici di una sana alimentazione, plasmando i menu sulla base degli obiettivi di peso, dell’età e dello stato di salute generale.

 

Iniziamo a considerare il piano alimentare come un abito su misura: a ciascuna, il suo!

Articolo presente anche nel sito della collega ginecologa Dr.ssa Palmiotto al link:

https://www.ginecologapalmiottorosanna.com/alimentazione-e-vulvodinia/

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Veganuary 2022


VEGANUARY: di cosa parliamo esattamente? 

Il termine è stato coniato nel 2014 e deriva dall'unione di Veg(an) + January. Si tratta di una iniziativa della durata di un mese, gennaio appunto, in cui si sensibilizza la popolazione sul tema veganesimo, lanciando una sorta di scommessa: " E se tra i buoni propositi che caratterizzano proprio questo mese dell'anno ci fosse anche quello di non alimentarsi con carne, pesce e derivati animali?". 

In questa occasione, giornalmente diverse testate, enti e professionisti propongono menù a base vegetale, cogliendo l'occasione per informare attraverso vari mezzi (Instagram, Twitter, YouTube ma non solo) gli utenti web dei benefici di tale scelta green su fronte etico, ambientale e della salute umana. 

Concentrandoci su quest'ultimo aspetto, che più mi compete, vorrei riassumere brevemente alcune ripercussioni positive sul nostro organismo di una alimentazione su base vegetale:
- riduzione del rischio cardio- e cerebrovascolare,  attraverso la riduzione della pressione arteriosa e del rischio di sindrome metabolica;
- migliore controllo del peso corporeo;
- miglioramento della sensibilità all'azione dell'insulina  negli insulino-resistenti e miglior controllo glicemico nel caso di diabete mellito;
- miglioramento della funzionalità epatica nella steatosi non indotta da alcol (NAFLD).
Questi sono solo alcuni degli aspetti clinici derivanti da questa scelta alimentare e assieme a molti altri (almeno 31, come i giorni di Gennaio!) sono stati approfonditi e corredati delle fonti provenienti dalla Letteratura scientifica che li validano e li pubblicherò nel corso di questo mese sul mio profilo Instagram, perchè quando parliamo di Medicina e più in generale di Scienza, non conta l'opinione di "miocuggino", ma i dati comprovati dopo analisi da parte della comunità scientifica!  

https://www.instagram.com/drssa_valentinafagotto/

Le nuove linee guida sullo svezzamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ottobre 2023)


 

A ottobre dello scorso anno sono state pubblicate le nuove linee guida aggiornate per lo svezzamento o, come è più corretto chiamarle, per l’alimentazione complementare dai 6 ai 23 mesi di età.

 

Questa seconda espressione, infatti, richiama più facilmente il concetto principale, più volte stressato all’interno del documento: l’alimentazione orale solida, almeno sino ai 12 mesi dell’infante, è secondaria e appunto “complementare” rispetto al latte, materno o in formula che sia.

 

Il forte suggerimento da parte dell’OMS è quello di proseguire con l’allattamento almeno sino ai 23 mesi, sebbene con basso livello di evidenza. A tale proposito, si rimarca l’importanza del sostegno all’allattamento al seno e la necessità di proteggere le puerpere e le famiglie dal marketing di prodotti sostitutivi del latte materno.

 

Quali i principali punti di rilievo in queste raccomandazioni?

 

In primis, l’abbandono dei cronoinserimenti, tanto cari ai nostri pediatri e genitori. Non viene più stabilito un timing ferreo con le varie tappe a partire dalla proposta della frutta frullata, è difatti dimostrato che introdurre sin da subito tutti gli alimenti riduce lo  sviluppo di reazioni allergiche in età pediatrica e adulta anziché favorirlo come si temeva.

 

Il latte vaccino, sebbene con il condizionale, potrebbe essere introdotto già a partire dal sesto mese in bambini non allattati al seno, e in maggior misura dopo i 12 mesi.

 

L’età consigliata di avvio per l’alimentazione complementare è pari a sei mesi; ricordiamo però che andrebbero sempre soddisfatti requisiti fondamentali come mantenimento autonomo della postura seduta, interesse verso il cibo e perdita del riflesso di estrusione e tale soddisfacimento risente di una variabilità interindividuale da non sottovalutare, pertanto alcuni bimbi potrebbero necessitare di un adeguamento ai propri tempi. La Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica raccomanda l’avvio dell’alimentazione complementare non prima dei 4 e non dopo i sei mesi di età.

 

A tal proposito, uno dei primi assunti delle raccomandazioni è l’importanza di considerare il singolo caso prima delle linee guida generali. Ogni bimbo è diverso e diversi saranno i tempi del suo percorso!

 

Viene stressata l’importanza di fornire quotidianamente alimenti di origine animale o in alternativa legumi e viene rimarcata l’importanza biologica di noci, semi oleosi, frutta e verdura e si ricorda infine che per il valore nutrizionale ed energetico è bene non manchino mai e non vengano ridotte le loro porzioni in favore dei cereali che hanno una inferiore densità nutritiva.

 

Necessario fornire gli alimenti in preparazioni e formati che minimizzino il rischio di soffocamento (i famosi “tagli sicuri”).

 

Gli zuccheri semplici andrebbero evitati, così come i succhi di frutta al 100%, ai quali andrebbe sempre preferita la frutta, per la presenza di consistenza, l’inferiore densità energetica, per una sana educazione alimentare.

 

I prodotti “fortificati” cioè addizionati in micronutrienti, andrebbero limitati solo a particolari contesti e quando gli alimenti minimamente processati raccomandati in svezzamento non sono sufficienti ad assicurare l’apporto consigliato all’infante, e solamente sotto indicazione specialistica.  

 

Un punto chiaro e fondamentale che va rimarcato è quello dell’educazione alimentare e nutrizionale, che deve partire sin dalla famiglia e dalla più tenera età, in un’ottica di prevenzione attiva.

 

Dr.ssa Valentina Fagotto

 

Fonte:

 

WHO Guideline for complementary feeding of infants and young children 6–23 months of age, October 2023 ISBN 978-92-4-008186-4

Articolo presente sul Blog universitario FUNIBER all'indirizzo: https://blogs.funiber.it/salute-e-nutrizione/2024/02/01/le-nuove-linee-guida-sullo-svezzamento-dello...

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